POSTSCRIPTUM: Caro Matteo…

Caro Matteo, faccio parte di quel 40% di cittadini italiani che un anno fa, votando sì al referendum, pensava di dare l’avvio a un percorso di riscossa del nostro paese atteso da almeno 30 anni. In quella riforma della Costituzione, giustamente accoppiata alla legge elettorale, non c’era nulla di alchemico, semplicemente permetteva ai cittadini di scegliersi una forza politica omogenea a cui affidare il potere di governare, assumendosene quindi la responsabilità, anche attraverso l’esercizio di un secondo voto a sottolineare il rafforzamento del potere democratico di scelta; consegnava infine ai governanti strumenti istituzionali adatti al pieno esercizio di quel potere, rendendoli finalmente responsabili – e quindi finalmente giudicabili da parte del corpo elettorale alle successive elezioni – del loro operato. Era questa reciproca assunzione di responsabilità garanzia di buona politica? Certo che no, come si diceva avvia un percorso, avrebbe permesso, alla buon’ora, anche alla politica di adottare la regola aurea di ogni esperienza umana: imparare dai propri errori (trial and error). Era forse la miglior riforma possibile? Ovviamente no, era però incomparabilmente meglio della politica espressa negli ultimi vent’anni dalla cosiddetta “seconda repubblica”, e del futuro che ci attende dopo le prossime elezioni e il riassetto del quadro politico prodotto dal cosiddetto “rosatellum”; a tal proposito a dimostrazione dello stato di smarrimento, voler dare a questa pessima legge elettorale il nome di un dirigente del PD, da la misura di quanto sia capace la folle miscela di masochismo e narcisismo. Vorrei inoltre fugare ogni ambiguità, non abbiamo perso perché hai fatto una pessima campagna elettorale, certo sarebbe stato meglio lasciare a chi ha votato no la responsabilità di personalizzarla, ma questo sarebbe accaduto in ogni modo. L'”argumentum ad hominem” è il vero comune denominare degli ultimi venticinque anni di politica italiana, si aggiunga il contesto, un referendum, e la tua forte personalità, e si capisce che non poteva andare altrimenti. Fin qui il passato, ma veniamo all’oggi. Dopo la sconfitta non ho condiviso la tua idea di continuare la battaglia per il cambiamento all’interno del PD, avrei preferito che tu accogliessi il suggerimento di Galli della Loggia di uscirne e intestarti quel 40 % – del resto non apparteneva al PD, visto che la maggiore opposizione alla riforma è venuta proprio dall’interno – per fondare un nuovo soggetto politico capace di rafforzare quella proposta e tentare di portare il 40% al 51%. In un primo momento ho anche pensato di non rinnovare la tessera, ma poi mi sono detto, vediamo, magari la sua scelta è quella giusta, lui è il leader perché non dargli fiducia, così l’ho rinnovata. Ora però è passato un anno e, come sarebbe sempre bene fare in ogni scelta nella vita, è il momento del bilancio. Qual è il quadro politico che ci si prospetta dinanzi, dopo le tue dimissioni, un altro anno di governo PD e alla vigilia delle elezioni? Berlusconi più forte che mai, (attenzione Berlusconi non un suo delfino, non il berlusconismo, sempre quello classe 1936, alla quarta o quinta discesa in campo), unico vero “argine” per dirla con il nostro, ai Cinque Stelle e alla loro demagogia senza fine; un po’ come se nella Roma bruciante si fosse dato il comando dei vigili del fuoco a Nerone. E il PD, che fine ha fatto, ebbene udite udite: sotto la suggestione di un Veltroni che, tra una presentazione di un libro e quella di un film, evoca niente meno che gli “anni Trenta”, mette in campo un Fassino nei panni dello “scherpa” (si racconta, pensate un po’, di una lunga telefonata con D’Alema per preparare il terreno), con la benedizione di Prodi e tuo stesso che ammicchi, alla disperata ricerca di “una sintesi tra le varie anime” per salvare il salvabile. Ma cos’è “scherzi a parte”, o le più intellettualmente raffinate, trattandosi di sinistra, candid camera di Nanni Loy, o addirittura il Truman show? Il vecchio Marx di previsioni non ne ha mai azzeccata una, tranne questa: “nella storia le tragedie ritornano sempre nelle vesti di farsa”. Fermiamoci un attimo e respiriamo, dieci anni fa io e te (si fa per dire) con alle spalle storie diverse abbiamo insieme fondato il PD, il quale, con la sua “vocazione maggioritaria”, al di là delle suggestioni verbali, significava proprio lasciarci alle spalle quella palude che aveva caratterizzato il decennio 1996 – 2006, ed ora, come in un “gioco dell’oca” senza fine, siamo di nuovo da capo! Hai forse cambiato idea? Nulla di male, anch’io l’ho fatto diverse volte, quando mi è successo però, l’ho prima testimoniato e poi ho pagato il fio della mia scelta, non ho ragione di pensare che tu sia da meno, anzi ubi maior… Certo in politica il “ma anche” è un intercalare necessario, fino a quando però non lede il “principio di non contraddizione” a quel punto la politica si avvicina pericolosamente alla psichiatria, sono certo non sia il tuo orizzonte e aspetto fiducioso; per quel che mi riguarda il nuovo PD è perfettamente legittimo ma non è nelle mie corde, io mi fermo qui.

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