INFLAZIONE – POTERE D’ACQUISTO

SINOSSI

L’inflazione è semplicemente una truffa con il marchio dello stato che la legalizza, attraverso di essa governi che sarebbero cacciati dai cittadini mantengono il potere; è lo strumento preferito dei guerrafondai e dei governi interventisti in economia (welfare, socialismo, totalitarismo). L’effetto più deleterio dell’inflazione è quello di pervertire il giudizio dei cittadini sul reale stato delle loro relazioni economiche. Nello specifico, incoraggia i debitori – coloro che sbagliano il calcolo economico – a discapito dei creditori, immettendo denaro in un punto del sistema economico cambia alcuni prezzi facendo guadagnare chi dovrebbe perdere, aumentando così investimenti che dovrebbero essere dismessi. Quando il trucco viene smascherato – e questo presto o tardi accade sempre – il risultato è il consumo di capitali e risparmio. In poche parole, l’inflazione distrugge prima la ricchezza poi la convivenza sociale. Invece l’aumento del potere d’acquisto, vuol dire aumento della quantità di beni in circolazione rispetto alla quantità moneta, con la stessa moneta si hanno più beni disponibili e quindi diventa necessario la riduzione dei prezzi per non lasciare beni invenduti. Non ci si accorge di arricchirsi, anzi spesso si ha la sensazione contraria, perché si tende a calcolare la ricchezza in valore nominale (P.I.L.), ossia in quantità di moneta posseduta, e non in beni. E’ un’eredità del passato pensare che i debitori siano i poveri, oggi sono le classi medie e popolari a far credito ai ricchi proprietari di imprese e di azioni. L’unico rimedio è togliere al governo il monopolio della moneta, e permettere al consumatore di scegliere la moneta di cui si fida per condurre i propri affari.

CITAZIONI

Ludwig von Mises – Teoria della moneta e dei mezzi di circolazione – (pag. 138 – 139 e 147 – 148)

La causa più importante di una diminuzione del valore della moneta che dobbiamo prendere in considerazione è un aumento dell’offerta di moneta mentre la domanda diminuisce, o se aumenta, aumenta in misura minore dell’offerta. Come abbiamo visto, l’aumento dell’offerta di moneta parte dai detentori originari della quantità addizionale di moneta e si trasferisce in seguito a coloro che trattano con queste persone, e così via. Una valutazione della moneta più bassa viene quindi fatta circolare da una persona all’altra, perché coloro che entrano in possesso di una quantità addizionale di moneta sono inclini ad accettare di pagare prezzi più alti di prima. Prezzi elevati portano ad un aumento della produzione e a salari crescenti e, poiché tutto ciò è considerato come un segno di prosperità economica, una diminuzione del valore della moneta è ed è sempre stata considerata un mezzo straordinariamente efficace per aumentare il benessere economico. Questo è un punto di vista errato, perché un aumento della quantità di moneta non comporta un aumento dell’offerta di beni di consumo a disposizione della gente. Il suo effetto può certamente consistere in un’alterazione della distribuzione dei beni economici tra gli individui, ma in nessun caso, può aumentare la quantità di beni posseduti dagli individui o il loro benessere. E’ vero che questo risultato può essere ottenuto indirettamente, nel modo in cui ogni cambiamento della distribuzione può influenzare anche la produzione, ossia da parte di quelle classi a favore delle quali avviene la redistribuzione e che utilizzano la disponibilità addizionale di moneta per accumulare più capitale di quanto ne sarebbe stato accumulato da quelle persone alle quali la moneta è stata sottratta. Ma in questa sede ciò non ci riguarda. Ciò che ci interessa è se la variazione della moneta ha un qualche altro significato economico oltre al suo effetto sulla distribuzione. Se non ha un altro significato economico, l’aumento della prosperità può essere solo apparente; può andare a vantaggio, infatti, solo di una parte della comunità e a prezzo di una corrispondente perdita per l’altra parte. La questione è infatti questa. Il costo sarà sostenuto da quelle classi o paesi che sono le ultime ad essere raggiunte dalla diminuzione del valore della moneta… Altri inflazionasti comprendono perfettamente che un aumento della quantità di moneta riduce il potere d’acquisto dell’unità monetaria, ma perseguono non di meno l’inflazione proprio a causa del suo effetto sul valore della moneta. Essi desiderano la svalutazione della moneta proprio perché desiderano favorire i debitori a svantaggio dei creditori e perché desiderano incoraggiare l’esportazione e rendere difficile l’importazione. Altri, ancora, raccomando la svalutazione in considerazione della sua presunta proprietà di stimolare la produzione e di incoraggiare lo spirito imprenditoriale. I debitori possono trarre beneficio dalla svalutazione della moneta solo quando questa è imprevista. Se le misure inflazionistiche e una riduzione del valore della moneta sono previste, coloro che prestano moneta domanderanno interessi più alti, in modo da compensare la loro probabile perdita di capitale e colore che domandano prestiti saranno preparati a pagare un interesse più alto perché hanno la prospettiva di fare guadagni in conto capitale.

Ludwig von Mises – Human action – (pag. 412 – 413)

Il cambio di offerta di moneta deve necessariamente alterare la distribuzione della proprietà dei beni in vendita tra azienda e individuo. La quantità di moneta disponibile nel sistema di mercato non può crescere o decrescere in altro modo che aumentando o diminuendo le quantità di beni di alcune persone. Noi possiamo supporre che tutti abbiano una quantità di soldi in più o una parte di riduzione, ma il risultato rimane il medesimo. Il risultato è il cambio nella struttura dei prezzi causata dal cambio della moneta disponibile nel sistema economico, che non ha mai lo stesso effetto sul prezzo delle varie merci e servizi, nella stessa misura e nello stesso momento. Mentre il processo si svolge, alcune persone si avvalgono dei benefici degli alti prezzi delle merci che vendono mentre i prezzi delle merci che comperano non crescono o crescono meno in proporzione. Dall’altra parte ci sono persone che subiscono l’effetto di vendere beni e servizi a prezzi stabili e nello stesso momento acquistano merci per il loro consumo giornaliero a prezzi crescenti. Quando il processo sarà concluso, la ricchezza dei vari individui sarà stata colpita in diverso modo e in diverso grado. Alcuni si saranno arricchiti altri impoveriti. Le condizioni economiche non restano a lungo nella forma precedente. Il nuovo ordine di cose risulta dal cambio di intensità della domanda dei diversi beni. Il comune rapporto tra moneta e prezzi di beni e servizi muta velocemente. La struttura dei prezzi cambia in modo diverso da come tutti i prezzi, in termini di moneta, si sono sviluppati. Il prezzo finale dei beni che un’impresa ha consumato, dopo l’immissione di moneta, non sono equivalenti ai prezzi previsti moltiplicati per lo stesso multiplo. Il maggiore errore della vecchia teoria quantitativa e degli economisti matematici e le loro equazioni di scambio, è di avere ignorato questo problema fondamentale. Il cambio nell’offerta di moneta provoca un cambio anche nell’offerta di tutti gli altri beni.

Friedrich A. von Hayek – Conoscenza, mercato, pianificazione – (504 – 505)

Non ci potrebbe essere un modo più efficace per impedire che il governo abusi della moneta di quello che consiste nel lasciare che la gente sia libera di rifiutare qualsiasi moneta di cui non si fida e scegliere la moneta in cui ha fiducia. E non ci potrebbe essere incentivo più forte per indurre i governi ad assicurare la stabilità delle loro monete dalla consapevolezza che, fintanto che essi mantengono l’offerta di moneta ad un livello inferiore a quello della domanda, quella domanda tenderà a crescere. Pertanto, togliamo ai governi (o alle loro autorità monetarie) ogni potere di proteggere la loro moneta dalla concorrenza: se non potranno più nascondere il fatto che la loro moneta sta diventando “cattiva”, saranno costretti a limitarne l’emissione. La prima reazione di molti lettori è forse quella di chiedersi se l’effetto di un sistema di questo genere non debba essere, secondo la vecchia regola, che la moneta “cattiva” scaccia quella “buona”. Ma questa conclusione rappresenterebbe un fraintendimento della cosiddetta “legge di Gresham“. Questa legge costituisce, in effetti, una delle più antiche intuizioni riguardanti il meccanismo della moneta, così antica che 2400 anni fa Aristofane, in una delle sue commedie, poteva dire che per i politici è come per la moneta, dato che i cattivi scacciano i buoni. Ma il punto che, a quanto pare, ancor oggi non viene generalmente capito è che la legge di Gresham funziona solo se i due tipi di moneta devono essere accettati ad un tasso di cambio prestabilito. Succede esattamente l’opposto quando la gente è libera di scambiare differenti tipi di moneta a qualsiasi saggio di cambio su cui ci si trovi d’accordo. Che le cose stiano così lo si è visto molte volte durante le grandi inflazioni, quando neppure le più severe ammende minacciate dai governi potevano impedire alla gente di usare altri tipi di moneta – persino merci come le sigarette o le bottiglie di liquore, piuttosto che la moneta governativa -, cosa che stava chiaramente a significare che la moneta “buona” stava scacciando dalla circolazione quella “cattiva”. Si tolga semplicemente ogni divieto, e la gente non ci metterà molto a rifiutarsi di utilizzare la valuta nazionale, quando essa si stia deprezzando considerevolmente, e a fare i propri affari in una valuta di cui si fida.

Ludwig von Mises – Teoria della moneta e dei mezzi di circolazione – (pag. 150)

Chi mette in dubbio il fatto che i popoli belligeranti d’Europa si sarebbero stancati della guerra molto più rapidamente se i loro governi avessero senza indugio esposto chiaro e tondo il conto delle spese di guerra? In nessun paese europeo il partito della guerra osò imporre alle masse una tassazione di peso considerevole per affrontare i costi della guerra. Anche in Inghilterra il paese classico della “moneta sana” furono messi in moto i torchi della zecca. L’inflazione ebbe il grande vantaggio di suscitare una parvenza di prosperità economica e di aumento della ricchezza, di falsificare i calcoli in termini di moneta e di nascondere quindi il consumo di capitale. L’inflazione diede luogo ai profitti apparenti degli imprenditori e dei capitalisti che potevano essere trattati come un reddito con una imposizione particolarmente elevata, senza che il pubblico in generale – e spesso anche gli stessi contribuenti – vedessero che in questo modo venivano portate via dalle tasse porzioni di capitale. L’inflazione rese possibile deviare la furia popolare verso gli “speculatori” i ” profittatori”. L’inflazione si dimostrò così un’eccellente risorsa psicologica per la distruttiva e rovinosa politica di guerra. La rivoluzione continuò ciò che la guerra aveva iniziato. Lo stato socialista o semi socialista ha bisogno di moneta per realizzare iniziative non redditizie per sostenere i disoccupati e fornire al popolo viveri a basso prezzo. Anch’esso è incapace di procurarsi le risorse necessarie tramite la tassazione. E non osa dire la verità al popolo. Il principio statal-socialista di condurre le ferrovie come una istituzione statale perderebbe presto la sua popolarità se venisse proposta, per esempio, l’imposizione di una tassa speciale per coprire le perdite d’esercizio. Le popolazioni tedesche e austriache avrebbero compreso più rapidamente da dove venivano le risorse che rendevano il pane meno caro se esse stesse avessero dovuto fornirle sotto forma di una tassa per il pane. Allo stesso modo il governo tedesco, che in opposizione alla maggioranza del popolo tedesco, ha deciso la “Politica di realizzazione”, non era in grado di procurarsi i mezzi necessari se non stampando biglietti. E, quando la resistenza passiva nella Ruhr richiese enormi somme di moneta, queste, di nuovo per ragioni politiche, poterono essere procurate solo con l’aiuto dei torchi della zecca. Un governo si trova a ricorrere a misure inflazionistiche ogniqualvolta non è in grado di accedere a prestiti e non osa esigere tasse perché ha ragione di temere che perderà l’approvazione della politica che sta seguendo se rivela troppo presto le conseguenze finanziare ed economiche generali di quella politica. Così l’inflazione diventa la risorsa più importante di ogni politica economica di cui si devono celare le conseguenze. In questo senso la si può definire come uno strumento di politica non popolare, ossia antidemocratica, poiché inducendo in errore l’opinione pubblica, rende possibile la sopravvivenza di un sistema di governo che non avrebbe speranza di ricevere il consenso del popolo se le circostanze fossero chiaramente esposte. Questa è la funzione politica dell’inflazione. Essa spiega perché l’inflazione è sempre stata una risorsa delle politiche belliche e rivoluzionarie e perché la troviamo anche al servizio del socialismo.

Ludwig von Mises – Human action – (pag. 790)

Comunque, né il governo e neppure i sostenitori della sua politica sono abbastanza sinceri da ammettere apertamente che il maggiore obiettivo della svalutazione è la riduzione dell’alto tasso dei salari. Questi preferiscono attribuire le cause della svalutazione alla necessita di riequilibrare il livello dei prezzi domestici con quelli internazionali. Loro parlano della necessita di abbassare i costi di produzione in generale. Ma in realtà sono ansiosi di svalutare due costi: uno è il livello dei salari e l’altro i debiti a lungo termine. E’ impossibile prendere sul serio gli argomenti a favore della svalutazione, sono completamente confusi e contraddittori. Questo perché la svalutazione non è una politica originata da una seria valutazione dei pro e dei contro. E’ semplicemente una capitolazione del governo ai leader sindacali che non vogliono perdere la faccia, ammettendo che le loro politiche salariali hanno fallito, e hanno prodotto una disoccupazione senza precedenti.

Ludwig von Mises – The ultimate foundation of economic science – (pag. 76 -77)

L’illusorietà di questo concetto di reddito nazionale deve essere visto nella sua dipendenza con il cambio di potere d’acquisto dell’unità di misura monetaria. Un’inflazione progressiva aumenta il reddito nazionale nominale. Dentro invece a un sistema dove non c’è una crescita dell’offerta di moneta e di altri intermediari finanziari, la progressiva accumulazione di capitale e i miglioramenti tecnologici dei metodi di produzione che quella ingenera, si manifesta in una caduta dei prezzi o, che è la stessa cosa, in un aumento del potere d’acquisto dell’unità monetaria. L’aumento di merci disponibili per il consumo aumenta gli standard di vita medi delle persone, ma questo aumento non si manifesta nel calcolo statistico del prodotto interno lordo. Il concetto di reddito nazionale elude completamente le reali condizioni di produzione all’interno di una economia di mercato. Questo genera l’idea che non sono le attività delle persone che causano il miglioramento (o l’impoverimento) della quantità di beni disponibili, ma qualcosa che è al di sopra o estraneo a queste attività. Questa misteriosa forza produrrebbe una quantità chiamata reddito nazionale. E poi un secondo processo distribuirebbe questa quantità tra le persone.

Ludwig von Mises – Politica economica – (pag. 66 – 67)

I legislatori ritengono che il loro sia un sistema meraviglioso. Ma questo bel sistema ha un punto debole fondamentale: non può durare nel tempo. Se l’inflazione potesse continuare all’infinito, non avrebbe senso chiedere ai governi di astenersi da una simile pratica. Ma un carattere fondamentale dell’inflazione è che essa, prima o poi, deve finire. E’ una politica che non può assolutamente durare nel tempo. Nel lungo termine, l’inflazione viene interrotta dal crollo della moneta; finisce in catastrofe, come quella che si è verificata in Germania nel 1923. Il primo agosto del 1914 il dollaro valeva quattro marchi e venti pfennig. Nove anni e tre mesi più tardi valeva 4,2 miliardi di marchi. In altre parole, il marco non valeva nulla, non aveva più alcun valore. Alcuni anni fa, il noto studioso John Maynard Keynes ha scritto: “nel lungo termine saremo tutti morti”. Debbo purtroppo ammettere che tale affermazione risponde a verità. Dobbiamo domandarci, però, quanto sarà corto o lungo il breve termine. Nel diciottesimo secolo visse la famosa Madame de Pompadour, alla quale si attribuisce il celebre motto: Aprés nous le déluge. La dama fu abbastanza fortunata di morire nel breve termine. Ma colei che le succedete, Madame du Barry, visse oltre il breve termine e fu decapitata nel lungo termine. Per molti, “il lungo termine” diventa velocemente “breve termine” – e più dura l’inflazione, prima arriverà tale “breve termine”. Quanto può durare il “breve termine”? Quanto a lungo può la banca centrale far durare l’inflazione?

Ludwig von Mises – I fallimenti dello stato interventista – (pag. 251)

E’ stato sostenuto che l’inflazione sia inevitabile in tempo di guerra. Anche questo è un errore. Un incremento della quantità di moneta non crea – direttamente o indirettamente – materiali bellici. Dovremo piuttosto dire che, se un governo non osa rivelare al popolo il conto delle spese belliche e non osa imporre le inevitabili restrizioni ai consumi, esso preferirà l’inflazione agli altri due mezzi di finanziamento, cioè la tassazione e il prestito. In ogni caso, l’aumento degli armamenti e la guerra devono essere pagati dal popolo limitando gli altri consumi. Ma è un espediente politico – sebbene fondamentalmente non democratico – dire al popolo che l’aumento degli armamenti e la guerra provochino un rapido miglioramento delle condizioni e un incremento della ricchezza. L’inflazione, in tutte le circostanze, è una politica miope. Molti gruppi accolgono di buon grado l’inflazione, perché danneggia i creditori e avvantaggia i debitori. E’ per questo ritenuta un misura a favore dei poveri e contro i ricchi. E’ sorprendente la quantità di concetti ereditati dal passato che, nonostante le condizioni siano completamente mutate, ancora persistono. Un tempo, i ricchi erano creditori, i poveri per la maggior parte erano debitori. Ma in tempi di titoli mobiliari, casse di risparmio, assicurazioni, sicurezza sociale, le cose stanno diversamente. I ricchi hanno investito i loro averi in fabbriche, magazzini, case, terreni, azioni e di conseguenza sono più spesso debitori che creditori. D’altro canto i poveri – con l’eccezione dei contadini – sono spesso più creditori che debitori. Proseguendo una politica contro il creditore si danneggiano i risparmi delle masse. Si danneggiano in particolare le classi medie, i professionisti, le fondazioni che ricevono sussidi e le università. Anche tutti i beneficiari della protezione sociale sono vittime della politica rivolta contro i creditori.

Ferdinando Galliani – Della moneta –

A voler con una definizione spiegare la natura dell’alzamento, così come se ne già dichiarata la voce, io stimerei ch’ei si potrebbe definire così: Alzamento della moneta è un profitto del principe che lo stato ritrae dalla lentezza con cui la moltitudine cambia la connessione delle idee intorno a’ prezzi delle merci e della moneta. Quella connessione delle idee, ch’è la più grande opera della nostra mente, quella che d’ogni scienza è base, che per tanto spazio dà bruti ci diparte, ella è quell’istessa su di cui i più singolari e straordinari consigli sono edificati…Questo è appunto l’alzamento. Ei non produce mutazione alcuna di cose, ma di voce; quindi è che i prezzi delle merci, per rimanere gli stessi nella cosa, debbono mutare anch’essi quanto alle voci. Se questo seguisse nel giorno istesso in cui si fa l’alzamento, e seguisse in tutto, ed in tutto proporzionalmente, l’alzamento non avrebbe affatto conseguenza niuna; come non l’avrai quella legge con cui si costituisse che le monete, in vece di nominarsi co’ nomi italiani, si avessero a dinotare coi nomi o latini, o greci, o ebraici. Dunque quando ne’ prezzi si mutan le voci, restano le cose nel medesimo stato di prima; quando stan ferme le voci, le cose sono mutate. L’alzamento dei prezzi, come ei si dice, è la medicina dell’alzamento; e quando è seguito in tutti i generi, e se rassettato, l’alzamento si può dire sparito, così come la nebbia del mattino è dileguata dal sole. Nasce adunque l’effetto dell’alzamento perché si tarda a mutare i prezzi; e si tarda perché gli uomini avvezzi a pagare una vivanda un ducato, sempre ch’essi hanno in mano una cosa che dicesi un ducato, vogliono colla vivanda cambiarla; e finché non se ne descreditano, si dolgono dell’avarizia di chi la negasse loro, o incolpano scioccamente altrui di aver fatta incarire ogni cosa. In fine un principe, che abusando dell’alzamento lo facesse ogni mese, distruggendo ogni connessione d’idea fra i prezzi e le merci, lo renderebbe inutile affatto e inefficace; e solo con altre costituzioni potrebbe ottenere quel che oggi coll’ alzamento s’ottinene.

Milton & Rose Friedman – Liberi di scegliere – (pag. 355 – 357)

La cura dell’inflazione è semplice da enunciare ma difficile da mettere in atto. Proprio come l’incremento eccessivo della quantità di moneta è la sola e unica causa rilevante dell’inflazione, così la riduzione del tasso di crescita monetaria è l’unica e la sola cura dell’inflazione. Il problema non sta nel sapere che cosa fare. Ciò è abbastanza facile. L’autorità monetaria deve aumentare la quantità di moneta meno rapidamente. Il problema è quello di avere la volontà politica di prendere le misure necessarie. Una volta che la malattia inflazionistica è giunta allo stadio avanzato, la cura richiede tempo e ha dolorosi effetti secondari… Un’analogia più istruttiva è quella tra inflazione e alcolismo. Quando l’alcolizzato comincia a bere dapprima sente effetti benefici; gli effetti negativi arrivano soltanto il mattino dopo, quando si sveglia con il mal di testa, e spesso non sa resistere alla tentazione di alleviare il dolore bevendo “un altro cicchetti per farsi passare la sbornia”. L’analogia con l’inflazione è esatta. Quando un paese si trova all’inizio di un processo inflazionistico, il primo effetto sembra benefico. L’aumentata quantità di monete mette in grado chiunque abbia accesso a essa – oggigiorno in primo luogo il settore pubblico – di spendere di più senza che nessun altro debba spendere di meno. I posti di lavoro diventano più abbondanti, l’attività economica più vivace, quasi tutti sono felici all’inizio. E questi sono gli effetti benefici. Ma poi l’aumento della spesa comincia a far crescere i prezzi; i lavoratori si accorgono che i loro salari, benché più alti in termini di dollari, comperano di meno; gli imprenditori si accorgono che i loro costi sono aumentati, a meno di non aumentare ancora più rapidamente i prezzi. Gli effetti negativi cominciano a emergere: prezzi più alti, domanda meno esuberante, inflazione e stagnazione combinate insieme. Come accade all’alcolizzato, la tentazione è di aumentare la quantità di moneta ancora più in fretta, il che produce quell’andamento a montagne russe che conosciamo. In entrambi i casi ci vuole una dose sempre più grande – di alcol o di moneta – per dare rispettivamente all’alcolizzato e all’economia lo stesso brio. L’analogia con l’alcolismo prosegue anche nella cura. La cura dell’alcolismo è semplice a dirsi: smettere di bere. Ma è difficile da seguire perché, questa volta, gli effetti negativi vengono prima di quelli positivi. L’alcolista che si astiene dal bere, soffre dolorose crisi di carenza prima di raggiungere quel paese felice in cui non ha più il desiderio quasi irresistibile di un altro bicchiere.  Così è per l’inflazione. Gli effetti collaterali iniziali di un tasso rallentato di crescita monetaria sono dolorosi: crescita economica più modesta; disoccupazione temporaneamente alta, senza, per qualche tempo, alcuna sensibile riduzione dell’inflazione. I benefici appiano solo dopo uno o due anni o giù di lì, sotto forma di inflazione più moderata, di economia più sana, di potenziale per una rapida crescita non inflazionistica. Gli effetti collaterali sono una ragione della difficolta per un alcolizzato o per un paese afflitto da inflazione di porre fine alla sua dipendenza. Ma c’è una ragione che, almeno nei primi stadi della malattia, può essere anche più importante: la mancanza di un reale desiderio di sottrarsi alla dipendenza dell’alcol, come dall’inflazione. Il bevitore gusta il liquore; gli è difficile ammettere che in realtà è un alcolizzato; non è sicuro di volersi curare. Il paese afflitto da inflazione è nella stessa condizione. Tenta di convincersi che l’inflazione è un fenomeno lieve e passeggero, prodotto da circostanze insolite ed estranee, che scomparirà da sé; cosa che non succede mai. Per di più molti di noi sono attratti dall’inflazione. Naturalmente ci piacerebbe che i prezzi delle cose che comperiamo scendessero o almeno smettessero di salire. Ma siamo più che felici di vedere salire i prezzi delle cose che vendiamo: siano essi beni che produciamo, prestazioni lavorative, case o altri beni che possediamo. Gli agricoltori protestano per l’inflazione, ma poi si riuniscono a Washington allo scopo di premere per ottenere prezzi più alti per i loro prodotti. La maggior parte di noi si comporta più o meno allo stesso modo. Una delle ragioni per cui l’inflazione è così distruttiva sta nel fatto che alcuni ne ricavano grandi vantaggi mentre gli altri soccombono: la società viene divisa in vincitori e perdenti. I vincitori giudicano il loro arricchimento come il risultato della loro preveggenza, accortezza, iniziativa, e così via, e considerano i lati negativi, l’aumento dei prezzi delle cose che acquistano, come prodotti da forze al di fuori del loro controllo. Non c’è quasi nessuno che non dica di essere contrario all’inflazione; ma ciò che intende generalmente è che è contrario agli aspetti negativi che lo riguardano.

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