SINOSSI
La libertà individuale che ognuno sente di avere per perseguire i propri fini è stata ed è il pungolo da cui si sono sviluppate le istituzioni giuridiche ed economiche che oggi permettono ad ognuno di noi “moderni”, per dirla con B. Constant, dopo millenni, di caratterizzarci come singoli. Ed è proprio lei che ci differenzia dagli “antichi” dove la libertà esprimeva un certo grado di partecipazione diretta a obiettivi che restavano, anche se solo per le classi più agiate, interamente collettivi. Non solo la libertà non si trova in natura, ed è interamente un prodotto della civiltà, ma se vogliamo mantenerla dobbiamo esercitarla; per resistere a coloro che ciclicamente con spoglie sempre mutanti vorrebbero tornarci a ridurre a strumenti, ovviamente ci dicono loro, per fini “superiori” o per il nostro “bene”. La libertà ha bisogno di una educazione che non è acquisita una volta per tutte; ogni generazione, ogni individuo, deve dare il proprio contributo, il prezzo della libertà è la responsabilità. Certo ognuno è interamente soggetto alle leggi della natura, e tanta parte hanno nelle faccende umane, la cosiddetta sorte o il destino, da cui nessuno può interamente affrancarsi; ma assumersi le responsabilità delle proprie azioni ci dà la spinta a partecipare a quel percorso di perfezionamento individuale e collettivo da cui sono nate le migliori cose umane.
CITAZIONI
A. von Hayek – Legge legislazione e libertà – (pag. 542 – 543)
L’uomo non si è sviluppato nella libertà. Come membro di quella piccola tribù a cui dovette aderire per sopravvivere, l’uomo era tutto tranne che libero. La libertà è un artefatto della civiltà, che ha liberato l’uomo dagli ostacoli del piccolo gruppo, e dalle sue tendenze momentanee, a cui persino il capo doveva obbedire. La libertà fu resa possibile dall’evoluzione graduale della disciplina della civiltà e allo stesso tempo della disciplina della libertà. Questa disciplina protegge l’uomo, mediante norme astratte e impersonali, dalla violenza arbitraria degli altri, e permette ad ogni individuo di cercare di costruirsi una sfera individuale protetta in cui nessun altro ha il permesso di interferire, e al cui interno può usare le proprie conoscenze per i propri scopi. Noi dobbiamo la nostra libertà alle limitazioni della libertà. Locke scrive: “chi può essere libero quando il capriccio di un altro uomo può spadroneggiare su di lui?
A. von Hayek – La società libera – (pag. 690 – 691)
Il valore della libertà individuale poggia soprattutto sul riconoscimento dell’inevitabile ignoranza di tutti noi nei confronti di un gran numero di fattori da cui dipende la realizzazione dei nostri scopi e della nostra sicurezza. Se esistessero uomini onniscienti, se potessimo sapere non solo tutto per quanto tocca la soddisfazione dei nostri desideri di adesso, ma pure i bisogni e le aspirazioni future, resterebbe poco da dire in favore della libertà. E a sua volta, ovviamente, la libertà individuale renderebbe impossibile prevedere tutto. La libertà è essenziale per far posto all’imprevisto e all’imprevedibile; ne abbiamo bisogno, perché come abbiamo imparato, da essa nascono le occasioni per raggiungere molti dei nostri obiettivi. Siccome ogni individuo sa poco, e in particolare raramente sa chi di noi può fare meglio, ci affidiamo agli sforzi indipendenti e concorrenti dei molti, per propiziare la nascita di quel che desideriamo quando lo vedremo.
Benjamin Constant – La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni – (pag. 5 – 6 e 20)
Per prima cosa domandatevi, signori, che cosa ai giorni nostri un inglese, un francese, un cittadino degli Stati Uniti d’America intendono con il termine libertà. Per ciascuno di questi la libertà è il diritto di essere sottoposto soltanto alle leggi, il diritto di non essere arrestati, detenuti, condannati a morte, maltrattati in alcuna maniera, per effetto della volontà arbitraria di uno o più individui. E’ il diritto di esprimere il proprio pensiero, scegliere la propria occupazione e esercitarla; il diritto di disporre dei propri beni, di abusarne addirittura; il diritto di andare o venire senza il bisogno di ottenere il permesso, e senza rendere conto dei propri motivi o dei propri affari. E’, per ciascuno, il diritto a riunirsi con altri individui, sia per discutere a riguardo dei propri interessi, sia per professare il culto che costui e i propri compagni preferiscono, sia semplicemente per occupare il proprio tempo nella maniera più conforme alle personali inclinazioni e fantasie. Infine, è il diritto che ciascuno ha di influenzare sull’amministrazione del governo, sia nominando per intero o in parte certi funzionari, sia attraverso rappresentanze, petizioni, domande, che l’autorità è più o meno tenuta a prendere in considerazione. Raffrontate adesso tale libertà con quella degli antichi. Questa consisteva nell’esercizio, in maniera collettiva ma diretta, di molteplici funzioni della sovranità presa nella sua interezza, funzioni quale la deliberazione sulla pubblica piazza della guerra e della pace, la conclusione di trattati d’alleanza con gli stranieri, la votazione delle leggi, la pronuncia dei giudizi, l’esame dell’amministrazione, degli atti, della gestione dei magistrati, il chiamare questi in pubblico e metterli sotto accusa, condannarli o assolverli; ma se tutto ciò gli antichi chiamavano libertà, al tempo stesso ammettevano come compatibile con questa libertà collettiva l’assoggettamento completo dell’individuo all’autorità dell’insieme. Voi non troverete presso gli antichi pressoché nessun godimento che abbiamo visto far parte della libertà così come è intesa presso i moderni. Tutte le azioni private sono sottoposte a severa sorveglianza. Nulla è concesso all’indipendenza individuale, né riguardo all’opinione, né riguardo all’occupazione, né soprattutto alla religione… La libertà individuale, torno a ripetere, ecco la vera libertà dei moderni. La libertà politica ne è la garanzia, ed è di conseguenza indispensabile.
Montesquieu – Lo spirito della legge – (pag. 273)
E’ vero che nella democrazia il popolo sembra fare ciò che vuole, ma la libertà politica non consiste affatto nel fare ciò che si vuole. In uno stato, vale a dire in una società nella quale esistono delle leggi, la libertà non può consistere che nel poter fare ciò che si deve volere e nel non essere costretti a fare ciò che non si deve volere. Bisogna mettersi bene in mente che cosa sia l’indipendenza, e che cosa sia la libertà. La libertà è il diritto di fare tutto ciò che le leggi permettono; e se un cittadino potesse fare ciò che esse proibiscono, non sarebbe più libero, poiché tutti gli altri avrebbero anch’essi questo stesso potere.
Alexis De Tocqueville – La democrazia in America – (pag. 256)
Non lo si dirà mai abbastanza: niente è più fecondo di prodigi dell’arte di essere libero; ma niente è più difficile dell’apprendimento della libertà. Non è così per il dispotismo. Il dispotismo si presenta spesso come riparatore di tutti i mali sofferti; sorregge il buon diritto, sostiene gli oppressi ed è il fondatore dell’ordine. I popoli si addormentano in seno alla prosperità temporanea che esso genera, e quando si svegliano sono ormai in miseria. La libertà, invece, nasce, in mezzo alle tempeste, si instaura faticosamente fra le discordie civili e se ne conoscono i benefici soltanto quando è già vecchia.
Ludwig von Mises – Teoria e storia – (pag. 402 -403)
Naturalmente i sostenitori del totalitarismo protestano dicendo che ciò che vogliono abolire è “soltanto la libertà economica” e che tutte le “altre libertà” resteranno intatte. Ma la libertà è indivisibile. La distinzione tra una sfera economica e una sfera non economica della vita e delle attività umane è il peggiore degli errori. Se un’autorità onnipotente avesse il potere di assegnare a un individuo i compiti che deve eseguire, a esso non resterebbe più nulla che possa essere considerato libertà e autonomia. Avrebbe soltanto la scelta tra la rigida obbedienza e la morte per fame.
Friedrich A. von Hayek – La via della schiavitù – (pag. 148)
Si dice spesso che la libertà politica è priva di significato senza la libertà economica. E questo è proprio vero, ma lo è in un senso quasi opposto a quello nel quale la frase viene usata dai nostri pianificatori. La libertà economica, che è il presupposto di ogni altra libertà, non può essere la libertà da ogni preoccupazione economica che i socialisti ci promettono e che può essere ottenuta solo sollevando l’individuo allo stesso tempo dalla necessità e dal potere di scelta; essa deve essere la libertà delle nostre attività economiche che, con il diritto di scelta, comporta inevitabilmente rischio e responsabilità di siffatto diritto.
Ludwig von Mises – Human action – (pag. 285 – 286)
Il concetto di libertà assume significato solo in riferimento alle relazioni umane. Ci sono stati autori che hanno raccontato teorie a proposito di un’originale – naturale – libertà che l’uomo aveva in un immaginario stato di natura precedente l’avvento delle relazioni sociali. Questo tipo di mentalità è particolarmente diffusa nei paesi dove la libertà è tale solo nella misura in cui non ci si imbatte troppo spesso coi propri simili. Nella spietata competizione biologica il più forte l’ha sempre vinta e al più debole non resta che la resa. L’uomo primitivo non era certamente nato libero… La libertà dell’uomo nel sistema capitalistico è un prodotto della competizione. Il lavoratore non dipende dalla benevolenza del datore di lavoro. Se viene licenziato lui trova un altro impiego. Il consumatore non è alla mercé del negoziante. Lui è, se lo preferisce, libero di cambiare negozio. Nessuno deve fare il bacia pile ad altre persone per paura della loro malevolenza. Le relazioni interpersonali non dipendono dagli affari. Lo scambio di beni e servizi è alla pari, non si vende o acquista per far favore a qualcuno, ognuno pensa al proprio interesse.
Ludwig von Mises – Politica economica – (pag. 30)
I Capetingi – che a lungo hanno governato qui in Argentina – costituivano una casa reale già a partire dal decimo secolo. Questi re governavano un territorio oggi conosciuto con il nome Ile-De-France, e di generazione in generazione estesero le zone sotto il loro domini. In una società capitalistica al contrario, vi è una mobilita continua – i poveri possono diventare ricchi e i discendenti delle famiglie ricche del passato possono perdere la loro ricchezza, diventando poveri. Oggi mentre passeggiavo per le strade del centro di Buenos Aires ho visto nella vetrina di una libreria una biografia di un uomo d’affari così eminente, così importante e rappresentativo dell’alta finanza nell’Europa del diciannovesimo secolo, che anche in questo paese, lontano dall’Europa, la libreria in questione ne aveva delle copie. Io conoscevo personalmente il nipote di quest’uomo. Porta lo stesso nome del nonno, e ha ancora il diritto di fregiarsi del titolo nobiliare che suo nonno – il quale iniziò la carriera come fabbro – aveva ricevuto ottant’anni fa. Oggi questo nipote è un fotografo povero di New York. Altri individui, poveri nell’epoca in cui il nonno del fotografo divenne uno dei più grandi industriali d’Europa, sono oggi capitani d’industria. Ognuno è libero di cambiare la propria posizione sociale. Questa è la differenza tra il sistema basato sulle classi e il sistema capitalistico della libertà economica, in cui ogni individuo può attribuire solo a sé stesso la colpa di non essere riuscito a raggiungere la posizione sociale desiderata.
Benjamin Constant – La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni – (pag. 24)
Poiché da ciò che la libertà moderna differisce rispetto all’antica deriva la minaccia di un pericolo di specie differente. Il rischio a cui sottostava la libertà antica era che, attenti ad assicurarsi solo la partecipazione al potere sociale, gli uomini cedessero a poco prezzo i diritti e i godimenti individuali. Il rischio della libertà moderna è che, assorbiti dal piacere della nostra indipendenza privata e dall’inseguimento dei nostri interessi particolari, noi rinunciamo troppo facilmente al nostro diritto di partecipare al potere politico. I depositari dell’autorità non mancano di esortarci a far ciò. Essi sono così ben disposti a risparmiarci ogni tipo di pena, eccetto quello di obbedire e pagare! Ci diranno: “qual è in fondo lo scopo di tutti i vostri sforzi, il motivo del vostro lavoro, l’oggetto delle vostre speranze? Non è forse la felicità? Ebbene, lasciate fare a noi, e questa felicità ve la procureremo!” No, signori, non lasciamoli fare. Per quanto allettante sia un così premuroso interessamento, preghiamo l’autorità di restare entro i limiti. Che si preoccupi soltanto di essere giusta, cercheremo da noi di essere felici.
Ferdinando Galiani – Epistolario – (pag. 426 -427)
Volete conoscere la mia opinione in materia? la convinzione di essere libero costituisce l’essenza dell’uomo. Si potrebbe anzi definire l’uomo un animale che si crede libero e sarebbe una definizione esauriente. Lo stesso signore de Valmire, perché mai afferma che l’uomo non è libero? Perché la gente gli creda. Egli è dunque convinto che gli altri uomini siano liberi e capaci di determinarsi a credere alle sue asserzioni. L’uomo non può assolutamente rinunciare alla sua convinzione di essere libero, o di dimenticarlo anche per un solo istante. Ecco dunque un primo punto. Secondo punto: essere convinti di essere liberi è la stessa cosa che essere effettivamente liberi? Io rispondo: non è la stessa cosa, ma produce gli stessi effetti in ambito morale. L’uomo dunque è libero perché è intimamente convinto di esserlo e perché ciò può considerarsi del tutto equivalente alla libertà. Ecco così spiegato il meccanismo dell’universo, chiaro come l’acqua di sorgiva. Se nell’universo esistesse un solo essere libero, non esisterebbe dio, non esisterebbero più relazioni tra gli esseri. L’universo si sfascerebbe, se l’uomo non avesse un così radicato e intimo convincimento di essere libero. La morale umana non andrebbe come va. La convinzione di essere liberi basta a determinare l’esistenza del rimorso, della giustizia, della coscienza, di punizioni e ricompense. Basta la convinzione, ed ecco il mondo spiegato in due parole. Ma come si fa, mi domanderete voi, ad avere l’intimo convincimento di una cosa, mentre è del tutto evidente il contrario? Proprio come si ha l’intimo convincimento che due infiniti siano comunque uguali, mentre il calcolo integrale dimostra che un infinito può essere il doppio o il triplo di un altro, e così via mille altri teoremi di geometria. Tutte le volte che l’intelletto umano non è in grado di formarsi un concetto, la dimostrazione non riesce a mutarsi in convinzione. E’ impossibile per noi formarci il concetto di infinito e così crederemo alla dimostrazione che ci dirà che un infinito è il doppio di un altro ma saremo sempre convinti del contrario e agiremo coerentemente alla nostra convinzione e non in base alla dimostrazione che si oppone alla nostra percezione. Non riusciremo a credere all’idea di non essere liberi. Dimostreremo dunque che non lo siamo e agiremo sempre come se lo fossimo. La spiegazione del fenomeno risiede nel fatto che le idee non derivano dal ragionamento. Esse piuttosto lo precedono e sono conseguenza delle percezioni. Attraverso il ragionamento possiamo dimostrare che un bastone non si piega se viene immerso nell’acqua, eppure ci formiamo l’idea che esso si pieghi, perché la vista ci trasmette questa sensazione e l’idea è conseguenza della percezione visiva. Mostrate al filosofo queste ultime quattro righe. Se non mi trova sublime neanche stavolta, e anche persino originale farà un errore madornale. Troverà forse che non sono bravo ad esprimere i miei pensieri profondi e che il mio gergo è poco francese, ma io somiglio al borghese gentiluomo, che sapeva tutto tranne l’ortografia.
Friedrich A. von Hayek – La società libera – (pag. 79 – 80 e 161 e 167)
Questa confusione tra libertà come potere e libertà nel suo significato originario porta inevitabilmente a identificare la libertà con la ricchezza, e ciò permette di sfumare tutta l’attrazione che porta con sé la parola “libertà” nell’appoggiare le richieste di redistribuzione. Eppure, benché siano entrambe beni che quasi tutti desideriamo e benché spesso abbiamo bisogno di entrambe per ottenere quel che vogliamo, la libertà e la ricchezza sono due cose diverse. Che sia il padrone di me stesso e possa compiere le mie scelte che le possibilità tra cui posso scegliere siano molte o poche sono due cose del tutto diverse. Il cortigiano che vive in mezzo al lusso, ma deve sempre essere agli ordini del suo principe, può essere molto meno libero di un povero contadino o artigiano che non ha tante possibilità di vivere la sua vita e di scegliere fra le occasioni che gli si presentano…
… La libertà non significa solo che l’individuo ha nello stesso tempo la possibilità e l’onere della scelta; significa anche che deve subire le conseguenze delle proprie azioni e che per esse incontrerà biasimo e lode. Libertà e responsabilità sono inseparabili. Una società libera può funzionare e conservarsi soltanto se i suoi membri ritengono giusto che ciascun individuo occupi il posto conseguente alla propria azione e l’accettino come tale. Sebbene possa offrire solo occasioni e sebbene il risultato degli sforzi dell’individuo dipenda da innumerevoli casi fortuiti, una società libera rivolge decisamente la sua attenzione a quelle circostanze che l’individuo può controllare e le considera le sole importanti…
… La ragione per cui si attribuisce la responsabilità è pertanto il presunto effetto sull’azione futura, mira a insegnare all’uomo cosa dovrebbe prendere in considerazione in analoghe situazioni future. Permettiamo a tutti di decidere da soli, perché tutti sono di regola nella posizione migliore per conoscere le circostanze in cui si svolge la propria azione, ma siamo anche interessati a ciò, a che le condizioni permettano a ciascuno di utilizzare la propria conoscenza per ottenere il risultato migliore. Se diamo agli uomini la libertà, perché presumiamo che siano esseri ragionevoli, dobbiamo anche far sì che valga per loro la pena di agire da esseri ragionevoli, lasciando che subiscano le conseguenze delle loro decisioni. Ciò non significa assumere sempre che l’uomo sia il miglior giudice dei propri interessi; significa solamente che non possiamo sapere chi li conosca meglio di lui e che desideriamo far pieno uso della capacità di quanti possano in qualche modo contribuire allo sforzo comune volto a porre il nostro ambiente al servizio dei fini umani. L’attribuzione della responsabilità presuppone quindi la capacità, da parte degli uomini, di agire razionalmente e mira a farli agire più razionalmente di quanto altrimenti farebbero. Presuppone in loro quel tanto di capacità di apprendimento e previsione sufficienti per lasciarsi guidare dalla consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni.
Frédéric Bastiat – Armonie economiche – (pag. 610)
Ciò che fa che l’uomo abbandoni nella sua mente l’errore per la verità, e più tardi nella sua condotta, il male per il bene, è la scienza e l’esperienza; è la scoperta che egli fa, nei fenomeni negli atti, di effetti che non aveva nemmeno supposti. Ma perché egli acquisti questa scienza bisogna che sia interessato ad acquistarla. E dunque, in ultimo, nella legge della responsabilità che bisogna cercare i mezzi di effettuazione della perfettibilità umana. Siccome la responsabilità non può concepirsi senza la libertà; siccome atti che non fossero volontari, non potrebbero dare alcuna istruzione né esperienza valevole, siccome esseri che si perfezionassero o si deteriorassero per l’azione esclusiva delle cause esterne, senza alcuna partecipazione della volontà, della riflessione, del libero arbitrio, come avviene alla materia, organica bruta, non potrebbero dirsi perfettibili, nel senso morale della parola; bisogna concludere che la libertà è l’essenza del progresso.
Friedrich A. von Hayek – La società libera – (pag. 177 – 178)
Ma, si obietta spesso, solo chi riesce crede che ognuno sia l’unico responsabile del proprio destino. In sé stesso, ciò non è tanto accettabile come quel che suggerisce; e cioè: che la gente accetta tale credenza perché ha avuto successo nella vita. Per quanto mi riguarda, sono incline a pensare che sia vero proprio il contrario e cioè che la gente abbia successo perché crede di essere responsabile. Sebbene in gran parte falsa, la convinzione che tutto dipenda solo dai propri sforzi, dalla propria capacità e intelligenza può avere effetti molto benefici sull’energia e sull’oculatezza dell’individuo. E se la presunta superbia di chi ha successo è spesso intollerabile e odiosa, la fiducia che il successo dipenda interamente da sé stessi è probabilmente il più efficace e pragmatico incentivo per un’azione coronata da buon fine, mentre quanto più un uomo indulge alla tentazione di imputare agli altri o alle circostanze i propri fallimenti, tanto più avrà tendenza a diventare inefficace e scontento. Nei tempi moderni, il senso di responsabilità è stato indebolito sia perché si è esteso oltre misura il ruolo delle responsabilità individuali, sia perché si è avuta la tendenza a discolpare l’individuo per le reali conseguenze delle azioni da lui compiute. Se attribuiamo all’individuo una responsabilità per influenzare l’azione, tale responsabilità dovrà essere riferita solo a quegli effetti del comportamento che per lui sia umanamente possibile prevedere e a quelli che ragionevolmente possiamo desidera siano da lui presi in considerazione in circostanze normali. Per essere effettiva, la responsabilità deve essere definita e limitata, adeguata alle capacità umane, tanto sul piano emotivo che su quello intellettuale. Insegnare che si è responsabili di tutto è altrettanto distruttivo del senso di responsabilità quanto insegnare che non si può essere ritenuti responsabili di alcunché. La libertà esige che la responsabilità dell’individuo arrivi solo fin dove si può presumere che egli sia capace di giudicare, esige che la sua azione tenga conto degli effetti che sono dentro la sua gamma prevista e, in particolare, richiede che egli sia ritenuto responsabile solo della propria azione (o di quelle delle persone sotto sua tutela), non di quelle di altri soggetti, liberi come lui. Per essere effettiva la responsabilità dev’essere individuale. In una società libera, non può esserci una responsabilità collettiva di membri di un gruppo come tale, a meno che, mediante un’azione concertata, non si siano resi tutti individualmente e separatamente responsabili.